Unicoop Firenze e Legambiente, con il patrocinio della Cabina di Regia “Benessere Italia” del Presidente del Consiglio dei Ministri, hanno promosso una campagna di comunicazione e informazione per sensibilizzare i cittadini sui danni all’ambiente causati dall’abbandono dei dispositivi di protezione individuale, monitorare i casi già significativi per facilitare poi interventi di pulizia, proporre alternative concrete e sicure all’usa e getta, rappresentate dalle diverse tipologie di mascherine certificate e riutilizzabili già presenti sul mercato e che sono disponibili in tutti i punti vendita di Unicoop Firenze con un allestimento dedicato nei negozi.
L’iniziativa è stata presentata in occasione della giornata mondiale degli oceani da Daniela Mori, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze e da Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, insieme al vademecum “ECOproteggiamoci”, elaborato dall’associazione sul corretto uso dei dispositivi di protezione individuale dal virus Sars-cov-2 e sui rischi per l’ambiente causati dall’abbandono e dai traffici illegali. Promuovere la diffusione di mascherine riutilizzabili, come ha deciso di fare Unicoop Firenze, è una scelta responsabile: esistono in commercio diverse tipologie di mascherine, certificate per il loro corretto utilizzo, che possono contribuire in maniera significativa a una corretta gestione, anche dal punto di vista ambientale, di questi dispositivi.
“L’impegno di Unicoop Firenze per l’ambiente è costante – spiega Daniela Mori, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze – siamo stati la prima realtà della grande distribuzione ad introdurre i sacchetti in mater-bi e a promuovere l’uso delle buste riutilizzabili, lo scorso anno abbiamo anticipato la normativa europea e tolto dagli scaffali alcuni milioni di pezzi di stoviglie usa e getta. Ora l’emergenza si chiama mascherine e guanti, dispositivi monouso che rischiano di venire dispersi nell’ambiente, e vogliamo intervenire per fare la nostra parte, da un lato sollecitando soci e clienti ad adottare comportamenti corretti, dall’altro dando la disponibilità di mascherine riutilizzabili, ecologiche e ad un costo accessibile”.
“Il fenomeno dell’abbandono nell’ambiente di guanti e mascherine usa e getta può avere un impatto ben più grave di quello legato solo all’incuria – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani -. Per le loro caratteristiche di leggerezza e rapidità di deterioramento, infatti, finiscono molto facilmente, attraverso il reticolo idrografico o trascinate dal vento, in mare, dove possono causare un incremento della diffusione di microplastiche e diventare una minaccia per tutte le specie, protette e non. Sono scene che si ripetono sempre più spesso e che Legambiente ha denunciato per prima, da Milano a Firenze fino alle spiagge di Campania, Calabria e Sicilia”.
“L’impegno di tutti deve essere quello di fare in modo che qualsiasi azione o iniziativa mirante a salvaguardare la salute sia nel rispetto dell’ambiente – afferma Filomena Maggino, presidente della Cabina di Regia “Benessere Italia” del Presidente del Consiglio dei Ministri – Il vero benessere del Paese è quello condiviso e rispettoso, equo e sostenibile”.
Si stima che potrebbero essere necessari, nel nostro Paese, fino a un miliardo di mascherine usa e getta e circa 500 milioni di guanti al mese. Numeri impressionanti, che, tuttavia, non rappresenterebbero un problema se ognuno adottasse comportamenti corretti. Secondo le stime raccolte ed elaborate da Legambiente, la produzione di questi rifiuti è di circa 70mila tonnellate annue, pari allo 0,23% di quelli urbani raccolti e smaltiti in Italia. Un quantitativo che può arrivare a 300mila tonnellate annue, tenendo conto di tutte le tipologie di dispositivi di protezione individuale, secondo i dati dell’Ispra. A trasformare questi numeri in una vera e propria emergenza è l’abbandono, sempre più diffuso, di guanti e mascherine usa e getta dalle strade delle nostre città alle spiagge fino al mare, diventando così una minaccia per l’ambiente e la biodiversità.
Oltre alla possibile diffusione di microplastiche nei mari, un altro aspetto da non sottovalutare per quanto riguarda l’impatto ambientale di alcune tipologie di guanti (quelli forniti a soci e clienti dei punti vendita Unicoop Firenze invece sono in mater-bi, completamente biodegradabili, a impatto zero) e mascherine è l’utilizzo di alcune sostanze chimiche per il loro trattamento. I prodotti chimici utilizzati per la produzione di questi DPI non sono resi noti pubblicamente. Tra questi, l’acido perfluoroottanoico (PFOA), appartenente alla famiglia degli PFAS, è un agente chimico con proprietà repellenti, vietato a livello globale con la Conferenza di Stoccolma per la sua tossicità (colpisce fegato e tiroide) e per la sua capacità di dispersione. A questo divieto c’è però un’eccezione, proprio per il trattamento di prodotti sanitari. Un altro prodotto chimico che preoccupa sono gli ftalati, utilizzati per trattare prodotti in PVC come i guanti monouso, che quando vengono incenerite rilasciano inquinanti molto tossici e pericolosi. Tutte queste sostanze, se disperse nell’ambiente o gestite in maniera scorretta a fine vita, sono causa di un inquinamento molto esteso e pericoloso sia per l’ambiente che per l’uomo: possono contaminare falde, suolo e aria.
I rischi aumentano ancora se si considerano i dispositivi di protezione individuale che vengono utilizzati nelle strutture ospedaliere o nelle Residenze Sanitarie Assistite (RSA), che sono classificati come rifiuti sanitari pericolosi perché a rischio infettivo. Non esistono stime attendibili, al momento, ma non c’è dubbio che la tipologia e il quantitativo di rifiuti sanitari prodotti possano fare gola a soggetti “specializzati” nei traffici illeciti di rifiuti. Un allarme raccolto in Italia dall’Arma dei carabinieri, che ha avviato specifiche attività di indagine attraverso il Nucleo Operativo Ecologico (NOE), come ha comunicato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa nella sua audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, la cosiddetta Commissione “Ecomafia”, lo scorso 5 maggio. E che vede, più in generale, una forte attenzione a livello internazionale, come dimostra l’attività di monitoraggio sui traffici illeciti di mascherine avviata dall’Interpol.
Il rapporto dell’Interpol del 23 aprile 2020 delinea, infatti, un primo scenario internazionale sui rischi connessi alla gestione illecita dei dispositivi di protezione individuale utilizzati nelle strutture sanitarie e non solo e analizza i casi già riscontrati in diversi Paesi, dalla Tailandia all’Europa. Da febbraio a marzo 2020, “una serie di spedizioni illegali di materiale sanitario inviate per essere smaltite illegalmente sono state registrate in India”. Un aumento del rischio di gestione illegale di materiale clinico viene segnalato in Cina e Malesia; in Tailandia è finita sotto inchiesta un’azienda di riciclo che vendeva come nuove mascherine usate. Il ripetersi di questi casi in Paesi che sono anche tra i principali esportatori di mascherine chirurgiche usa e getta impone la necessità di controlli molto rigorosi nelle fasi di importazione.